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Introduzione al linguaggio filosofico

1. Linguaggio

"Approfondimento sul linguaggio filosofico: B. Russell, il circolo di Vienna, le teorie del '900 e Heidegger"

La squadra di esploratori è sul limite dell’intricata foresta del linguaggio. Non siamo i primi a entrare nel sotto bosco del linguaggio, infatti, ci lasceremo guidare dalle mappe disegnate da chi si è avventurato prima di noi. Anche questi esperti del linguaggio, come noi ora, hanno visto da sotto l’enormità degli alberi che popolano la foresta e il fantasioso intreccio dei loro rami, che crea dentro di noi un po’ di timore reverenziale. I primi esploratori della foresta hanno aperto più vie attraverso il complesso sotto bosco, l’esperienza man mano acquisita gli ha dato il coraggio e la capacità di andare avanti per tracciare strade quanto più possibile lineari verso il cuore della foresta, verso la fonte d’acqua pura ch’è al centro.

Il nostro viaggio ha inizio nella filosofia del linguaggio così come si è sviluppata a partire dal XIX secolo e nel secolo scorso. Descriveremo le teorie dei maggiori rappresentanti della disciplina (Russell, Wittgenstein, Reichenbach, Austin e altri) e presenteremo le scuole più significative (Wiener e Berliner Kreis) per la formazione di contenuti teorici attinenti al linguaggio. Ci accompagnerà nel viaggio un paragrafo sul linguaggio ordinario, quel linguaggio quotidiano così fondamentale nelle relazioni tra persone. Il cuore del capitolo si sofferma sulla domanda cosa è il linguaggio, la sua origine e natura. Domande importanti per le quali non ci sono risposte univoche o definizioni. In fine porteremo con noi un libro, il quale descrive il viaggio compiuto da Heidegger nel linguaggio. Il libro di Heidegger sarà costantemente presente in tutto il nostro lavoro.

1.1 - Una breve introduzione alla filosofia del linguaggio del XX secolo

Introduciamo il paragrafo scrivendo che la filosofia del linguaggio del XIX - XX secolo ha le sue radici nella certezza del Positivismo secondo il quale la conoscenza scientifica è l’unica possibile e solo il suo metodo è valido. La Metafisica viene esclusa dal discorso filosofico perché non può fondarsi su dati esperienziali. Siamo nella prima metà del XIX secolo, la parabola discendente del Positivismo si verificherà nella seconda metà del secolo dopo essersi diffuso in Europa1. Il logicismo è un altro pilastro, grazie alle relazioni che realizza tra matematica e logica, della filosofia del linguaggio. Bertrand Russell, con i suoi studi di logica (ricordiamo la teoria dei tipi)2 e la dottrina del linguaggio è da considerare uno dei maggiori filosofi del novecento e uno dei filosofi che ha influenzato il neoempirismo e la filosofia analitica. La sua teoria del linguaggio possiamo esprimerla come segue:

  • «1) Il linguaggio è costituito da proposizioni; 2) i costituenti delle proposizioni, cioè i simboli, significano i costituenti dei fatti che rendono le proposizioni vere o false; o, in altre parole, corrispondono a tali costituenti; 3) dei costituenti dei fatti bisogna avere conoscenza diretta per capire il significato dei simboli; 4) la conoscenza diretta è diversa da individuo a individuo»3.

Il linguaggio perfetto che Russell vuole costruire è reso irrealizzabile dal quarto caposaldo, che vede la conoscenza diretta diversa da persona a persona. In altre parole, l’oggetto conosciuto da un individuo non potrà essere comunicato a un altro.

Altro grande personaggio della filosofia del linguaggio è Ludwig Wittgenstein, il quale si lascia profondamente ispirare dagli studi di Russell, alla ricerca di un linguaggio che sia la raffigurazione logica del mondo. Del Wittgenstein presenteremo entrambe le tappe fondamentali del suo pensiero4.

La filosofia della scienza si pone come prosecuzione, nel secolo XX, del Positivismo arricchita del concetto critico della scienza. La filosofia della scienza è influenzata dal pensiero di Ernest Mach (professore di filosofia a Vienna) e dall’empiriocriticismo di Avenarius, secondo il quale la filosofia deve diventare una scienza rigorosa5. Arriviamo quindi al neopositivismo logico (Circolo di Vienna e di Berlino), che condivide con il positivismo dell’ottocento il privilegio della razionalità scientifica, ma se ne differenzia per l’introduzione di un aspetto critico della scienza, per l’attenzione all’aspetto logico-linguistico della scienza, e per una tendenza empiristica e neoempiristica. Ed è proprio per l’assimilazione di questi nuovi caratteri che assumerà i seguenti nomi tutti validamente utilizzabili per indicarlo: positivismo logico, empirismo logico, neoempirismo6.

Dalla riformulazione del proprio pensiero, Wittgenstein, si rende indirettamente promotore degli studi di A.J. Ayer, G. Ryle e J.L. Austin, che vanno sotto il nome di filosofia analitica. Questi autori elaborano la tesi di Wittgenstein secondo cui il linguaggio gode di una molteplicità e relatività, e tutti i linguaggi sono qualificati dall’uso praticato nel parlare comune degli uomini7.

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Note
  1. N. Abbagnano – G. Fornero, Filosofi e filosofie nella storia, vol. III, Paravia, Torino, 1986, p. 281. img nota

  2. Abbagnano – Fornero, Filosofi e filosofie, 420-421. img nota

  3. Abbagnano Fornero, Filosofi e filosofie, 476- 477. img nota

  4. Abbagnano – Fornero, Filosofi e filosofie, 480-481. img nota

  5. Abbagnano – Fornero, Filosofi e filosofie, 473. img nota

  6. Abbagnano – Fornero, Filosofi e filosofie, 489. img nota

  7. Abbagnano – Fornero, Filosofi e filosofie, 497. img nota