Parola Narrata

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  1. Capitolo I
  2. L’amore che vince la parola assopita

3.5 - L’amore che vince la parola assopita

"La parola assopita, in famiglia, è la malattia della parola. Una famiglia la cui parola dorme è come in coma"

Affrontato l’argomento della narrazione, ora percorriamo il terreno pericoloso della parola assopita. Terreno dalle qualità antitetiche al terreno della narrazione e motivo che spinge l’ultima parte del nostro percorso, sul linguaggio in famiglia, a esplorarlo.

  • «La persona spiritualmente sana avverte e gusta il valore e il significato dell’altro, […] chi è giusto e positivamente amante in certo modo muore continuamente nella propria libertà. […] Chiunque sa che esiste l’amore ha notizia di questa legge: che l’apertura nasce solo quando ci si stacca da se stessi[…]»1

Riportando questo passaggio del libro di Silvano Zucal al piano familiare, potremmo trarre tanti utili paralleli e trarne tante riflessioni in più direzioni. La direzione che a noi interessa riguarda la parola in famiglia.

Avvertire l’esistenza dell’altro come necessaria per la propria vita, avvertire dentro di sé che si è fatto il possibile perché l’altro si sviluppi in ogni parte come se fosse noi, è anzitutto la promessa d’accoglienza degli sposi il giorno del loro matrimonio. In seconda battuta è pure il compito educativo accettato dai novelli sposi nei confronti dei figli futuri. La parola manifesta la volontà di amare l’altro. Morendo a se stessi, cioè, volendo uscire da se stessi mediante la parola per raggiungere l’altro, si agguanta lo splendido traguardo della crescita dell’altro: espressione d’amore gratuito. L’aprirsi all’altro attraverso l’uso della parola, dona felicità a chi si apre e crea apertura vera nella famiglia.

Se la persona rinuncia a usare il dono della parola, se nasconde il dono nelle buie caverne del suo Io rinuncia alla socialità. L’atto comunicativo tra i membri non è più un atto che dona gioia, è all’opposto, una comunicazione che si ammala giorno dopo giorno. La malattia della parola porta alla malattia dello spirito personale e, di riflesso, all’ammalarsi dello spirito familiare.

La parola assopita nel cuore d’ogni membro della famiglia è parola non detta. La parola non detta allontana le persone tra loro e la distanza lascia spazio a un vuoto che il silenzio di morte colma. É il silenzio che comunica il non comunicare, il quale impantana il progresso spirituale della famiglia. Una famiglia che non comunica è ferma. Una famiglia la cui parola dorme è come in coma. Una famiglia senza parola è come morta.

Al termine del presente paragrafo, conclusivo del primo capitolo, possiamo ritenere sufficientemente chiarito il senso di questo lavoro che si vuol riferire alla parola narrata e alla libertà del narrare, in famiglia, come segno d’amore.

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Note
  1. Zucal, Lineamenti di pensiero dialogico, 76-77. img nota