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Il latte diventato l'Oro bianco per 800 allevatori della Tanzania

Il progetto Africa Milk coinvolge la Granarolo e 800 famiglie ora hanno un reddito e latte sicuro

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Latte in Tanzania

Immaginate una nazione dove l'aspettativa di vita non supera i 74 anni di vita neanche nelle donne. Dove ci sono 0,03 medici ogni 1000 abitanti e solo il 53% della popolazione ha accesso all'acqua potabile. Subito pensiamo a un paese del terzo mondo e che sia quasi sicuramente del continente africano. Sì, è così. Siamo in Tanzania. Eppure un piccolo miracolo si è verificato e ora è sempre più una speranza per tanti che lo vivono.

Per lo mezzo c'è il latte, diventato l'oro bianco di molte famiglie. C'entra l'Italia con il Ministero degli affari esteri, l'associazione CEFA e un'azienda italiana del settore, la Granarolo. Insieme all'associazione di Tanzania allevatori Njombe Livestock, sono riusciti a dare speranza a molti micro allevatori e lavoro specializzato ad altri.

Il progetto Africa Milk

Invece di investire in una grande stalla sul modello industriale e dalla quale attingere tutto il latte, si è scelti un modello cooperativo. Piccoli allevatori formati da famiglie proprietarie di 2 o 3 mucche, dalle quali giornalmente si preleva il latte e lo si porta alla latteria. 800 piccoli allevatori, 3200 litri di latte ogni giorno. Così è nato Africa Milk Project.

Il latte viene pastorizzato presso la latteria Njombe Milk Factory. Una buona parte è venduto a prezzo contenuto a 58 scuole del distretto di Njombe, del programma "Latte nelle Scuole": 28 mila scolari, una volta alla settimana, ricevono il latte sui banchi di scuola. Grazie al latte, i bambini ricevono quei nutrienti necessari alla loro crescita fisica e mentale. Gli insegnanti hanno notato nei ragazzi un miglioramento nel rendimento e nella capacità di attenzione in classe.

Il resto della produzione viene trasformato in mozzarella, caciotta, provolone e venduto nelle grandi città della Tanzania e nell'isola turistica di Zanzibar. Un'altra parte è trasformata in yogurt e venduta nei mercati locali. Ne beneficiano anche ospedali e orfanotrofi, ai quali viene donata una piccola quantità di latte.

Alla latteria Njombe non buttano via niente. Il siero derivato dalla produzione di formaggio che non diventa ricotta, viene donato agli allevatori di suini che ne fanno mangime.

Da attività di sussistenza a impresa con utili

Il progetto nato nel 2004, aveva il semplice scopo di fornire alle famiglie e a quanti lavorano nel ciclo della filiera, di poter migliorare le condizioni di vita. Oggi la latteria è diventata un'azienda che matura utili e un fatturato annuo di 500 mila euro.

L'Università Roma Tre ha condotto uno studio, verificando che, in tre anni, il reddito degli allevatori è aumentato del 140%. Le migliorate condizioni economiche hanno permesso alle famiglie di poter comprare nuovo bestiame o di poter mandare i figli a scuola.

Il progetto ha convinto il Governo tanzaniano, tanto da aver distribuito bovini tra gli allevatori, per riprodurre il modello in altre parti del paese. Oggi la Tanzania ha una "Giornata nazionale del latte".

Missione compiuta: sicurezza alimentare garantita

L'esperienza Africa Milk Project è presente nel Padiglione Zero, dove un cortometraggio girato in Tanzania tra gli allevatori e nelle scuole del progetto, racconta di questo piccolo miracolo. Un miracolo che ha vinto il premio Best Practices istituito dall'Expo Milano 2015, nella categoria "Sviluppo sostenibile di piccole comunità rurali in aree marginali".

Il progetto ha garantito la sicurezza alimentare a molti. Perché è stata introdotta la pastorizzazione che prima non veniva praticata. Le prassi sanitarie applicate negli stabilimenti italiani, trasferite nella latteria Njombe, l'hanno resa un'azienda sicura dove produrre latte, di qualità garantita per tutti.

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