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Expo Milano 2015 un racconto per immagini
Expo 2015 è anche un racconto per immagini. Anzi soprattutto per immagini. Perché è da vedere, prima che essere raccontato. Chi visita l'Esposizione Universale, potrà poi essere lui stesso un narratore di ciò che ha vissuto. Ma prima deve aver visto, toccato con mano, ascoltato la voce dell'Expo 2015. Una voce fatta di incontri, dibattiti, percorsi culinari, esperti che guidano alla scoperta degli alimenti essenziali dell'uomo.
L'Expo 2015 è da vivere. Sì, certo. Non per tutti è possibile. Allora le immagini possono mostrare e raccontare meglio delle parole, qualche pezzo dell'Esposizione di Milano. Per tutti. Per chi ci andrà e per chi non potrà essere presente.
L'evento mondiale che si svolge a Milano è più che un parco divertimenti, più che un insieme di ristoranti in rappresentanza delle cucine mondiali, una vetrina per le aziende italiane ed estere. E tutto questo fuso insieme. Con un ingrediente fondamentale che plasma tutto. Lo potremmo chiamare, l'educazione delle coscienze a una nuova consapevolezza sull'alimentazione e la su importanza per l'umanità. Il cibo non è solo dieta per essere in forma. Il cibo è anche il diritto al cibo, inteso principalmente come possibilità di poterlo produrre. Dove c'è guerra e oppressione, i popoli non possono prodursi il cibo per se.
Il cibo è un diritto fondamentale, ma non è riconosciuto dalle legislazioni delle nazioni. Anche per questo è importante leggere la Carta di Milano, per poi firmarla assumendosi un impegno personale.
Expo è agricoltura e ambiente
Expo 2015 è agricoltura. Nell'ultimo decennio in Italia, la sensazione è che molti giovani che non hanno trovato facile accesso nel mondo del lavoro, siano tornati a coltivare la terra. La percezione è che molti giovani a caccia di lavoro oggi e che passeranno per Expo 2015, acquisteranno una nuova coscienza. Nei prossimi anni è probabile l'Italia si apra molto all'agricoltura. Molti posti di lavoro si creeranno proprio in questo settore che gli italiani degli anni '60, dello scorso secolo, hanno abbandonato.
Giovani laureati nelle materie più lontane dall'agricoltura, impossibilitati a trovarsi un lavoro o in fuga dai ritmi oppressivi delle aziende moderne, si sono ricordati della terra del nonno. Quella terra che il nonno non ha mai voluto vendere.
Potrebbe nascere una nuova corsa alle terre. Che buffo. Si fuggiva dalle campagne per accorrere nelle città, dove c'era il lavoro da operaio meglio pagato, una casa con tutti i servizi più moderni. Oggi, e non da oggi, viviamo un movimento opposto. Un ritorno alle origini?
L'agricoltura è minacciata. L'imprenditoria edìle è più forte di quella agricola. Lo vediamo è sotto i nostri occhi. In Italia si continuano a realizzare piani regolatori che prevedono la costruzione di nuove case. I Comuni aprono alla costruzione massiccia, sottraendo terreni all'ambiente e alla sua salute: che poi è la nostra salute. I paesi si trasformano in cemento tinteggiato dei colori più stravaganti e alla moda: ma è sempre cemento. Eppure migliaia di appartamenti restano sfitti. Dove è il senso di tutto ciò? Nei soldi.
Coltivare la terra è lavoro. Coltivare la terra è preservare l'ambiente che ci fornisce l'ossigeno e il cibo per nutrirci. Coltivare la terra è ridurre il dissesto idrogeologico.